L’8 marzo si avvicina e ci aspettiamo di leggere ovunque articoli sul reale senso della festa della donna, sul significato storico che questa importante data riveste e sulle conquiste sociali e politiche ottenute dal gentil sesso in ogni parte del mondo.
Tutte questioni molto rilevanti, ma ciò su cui io vorrei soffermarmi è piuttosto la figura femminile, nella sua interezza e nella complessità delle sue sfumature.
Se parliamo dell’8 marzo, parliamo prima di tutto della donna.
Ecco perché chiamo in causa la grandissima Marilyn Monroe: chi meglio di Marilyn incarna l’ideale femminile?
L’8 marzo come omaggio alla donna-diva di fama mondiale, alla bionda svampita sexy e prorompente, passata alla storia come quella che per andare a letto indossava solo due gocce di Chanel n.5 e che chiedeva al parrucchiere la tonalità “dirty pillow slip” (federa sporca).
Al di là delle apparenze…
Marilyn celebra la festa della donna innanzitutto perché ne rappresenta in pieno i contrasti: forza e fragilità.
Il suo sorriso era perfetto; era diventato perfetto, perché le avevano consigliato di “tirare il labbro superiore verso il basso” quando rideva, altrimenti si sarebbero viste le gengive. E rideva inclinando leggermente la testa verso l’alto, a scoprire il collo, cosa che faceva impazzire tutti gli uomini.
Al di là delle apparenze, si celava però ben altro. Dietro al suo sorriso, si nascondevano un’infanzia travagliata e un presente a dir poco turbolento.
Oltre lo stereotipo
La storia vuole ricordare Marilyn come la donna che “diventa intelligente quando le serve”, immortalata nella scena iconica del marciapiede, in cui cerca di domare (senza troppa convinzione) la gonna plissettata mossa dal vento.
Avventurandoci oltre lo stereotipo, scorgiamo l’altra Marilyn: la donna fragile, quella che si strugge e che muore a soli 36 anni per un’overdose di barbiturici.
E’ dunque la donna che deve mostrarsi in un determinato modo, socialmente accettabile e in linea con lo stereotipo che il pubblico si è costruito.
Deve essere stato faticoso.
Marilyn era una diva, d’accordo. Era un personaggio pubblico.
Ma siamo proprio sicuri che ai giorni nostri la donna – mi riferisco alla donna comune – non sia a sua volta tenuta soddisfare una serie di aspettative?
Lezioni di Marilyn
Credo che Marilyn Monroe, oltre ai suoi film e alle svariate rappresentazioni dei più celebri artisti, da Andy Warhol a Salvador Dalì, sia un po’ ovunque: questa donna-diva ha tramandato grandi insegnamenti.
I suoi pensieri, tradotti in forma di aforismi, restano scolpiti nella storia e sono di sorprendente modernità.
Le lezioni di Marilyn sono diverse, ma vorrei citarne qualcuna, che riguarda la tendenza all’omologazione tipica dell’epoca in cui viviamo. La nostra civiltà rincorre infatti una serie di stereotipi, a partire dai canoni estetici, per arrivare ad un ideale di perfezione. Una perfezione inseguita e che non sarà mai tale. Non sarà mai abbastanza.
“L’imperfezione è bellezza, la pazzia è genialità, ed è meglio essere assolutamente ridicoli che assolutamente noiosi”, ad esempio. A proposito di ricerca della perfezione…
“Non accettare le briciole. Ci hanno fatto donne, non formiche”.
“Trova qualcuno che ti rovini il rossetto, non il mascara”.
“Non vorrei mai essere una donna pelle e ossa. Il mio corpo mi piace così com’è. E poi le curve stanno così bene su una donna!”.
“Una carriera è una cosa meravigliosa, ma non ti può scaldare in una notte fredda”.
L’ultima lezione di Marilyn ci esorta a vivere la vita che vorremmo vivere. Perché la vita è troppo breve per sprecarla o per regalarla a chi non se la merita. “La felicità è l’unico fine”.
Altro che bionda svampita. Se questa non è emancipazione…!
Buon 8 marzo a tutti, donne e uomini!